Una persona che ha fortemente ispirato il mio modo di concepire l’approccio alla psicologia ma più in generale alla vita è stato Jean Vanier, che ha fondato in tutto il mondo varie comunità per disabili ed all’interno di esse si è trovato ad operare.
Ecco di seguito un brano tratto dal suo libro “La comunità luogo del perdono e della festa”:
“Una delle più grandi difficoltà della vita comunitaria è che si obbligano a volte le persone a essere diverse da quello che sono; si appiccica su di loro un ideale al quale devono conformarsi. Se non arrivano a identificarsi all’immagine che si fa di loro, temono di non essere amati o almeno di dare una delusione. Se ci arrivano, credono di essere perfetti.
Ora, in una comunità, non si tratta di avere delle persone perfette. Una comunità è fatta di persone legate le une alle altre, ognuna fatta di quel miscuglio di bene e di male, di tenebre e di luce, di amore e di odio. E la comunità non è che la terra in cui ognuno può crescere senza paura verso la liberazione delle forme d’amore che sono nascoste in lui. Ma non ci può essere crescita…… se non si riconosce che c’è possibilità di progresso, e dunque che c’è ancora in noi una quantità di cose da purificare, tenebre da trasformare in luce, paure da trasformare in fiducia”.